E gli corse incontroIV domenica di quaresima C
(Lc 15,1-32) La parabola si presta a molte applicazioni e domande: quale volto ho di Dio? C chi sono io: il fratello minore, quello maggiore, il padre?
In quel tempo1 si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». 20Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». 22Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». 31Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Lc 15,1-32)
In questa quarta domenica di quaresima leggiamo una delle pagine narrative più belle e intense non solo di Luca, ma del Nuovo Testamento. Questa pagina evangelica, viene anche denominata “il vangelo del Vangelo”, poichè qui sta per così dire il cuore del vangelo e la stessa missione di Gesù. Normalmente conosciamo questa parabola come la parabola del figliol prodigo. Ma questa dizione è sbagliata, perché non si parla soltanto del figlio che esce di casa, ma vi è un altro figlio, il maggiore. E non solo questo. Luca vuole mettere in luce l’atteggiamento del Padre più che la reazioni dei figli. Pertanto è più corretto parlare della parabola del Padre misericordioso.
Essa si trova al cap. 15 di Luca e questa sezione (che inizia alla fine del cap. 14) ha come caratteristica la presentazione di una dialettica tra ciò che perduto e critrovato: la pecora perduta e ritrovata, la moneta perduta e ritrovata, e qui, il figlio perduto e ritrovato.
Presentiamo solo alcune annotazioni. Prima di tutto il figlio minore se ne va. Perché? Il padre e il fratello non riescono a soddisfare il vuoto che ha dentro di se. Egli ha bisogno di prendere tutto quello che ha e seguire la propria strada, lontano dal Padre. Ma questo suo allontanarsi ha il sapore del degrado e della perdita della dignità (mangiare con i maiali). E il vuoto non viene soddisfatto. Notiamo anche che la decisione di ritornare a casa non è dettata da motivi religiosi, da rimorsi verso il padre o dalla consapevolezza di aver sbagliato. Mavuole alzarsi dalla sua condizione perché ha toccato il fondo e ritornare da colui che solo – forse- lo può accogliere. Senza aspettarsi nulla, se non di essere trattato come l’ultimo, perchè cosi si sente. E pensa pure alla formula da dire, la formula ufficiale del pentimento
La scena dell’incontro è mirabile e lascia senza parole: “Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”. Ogni verbo va pesato e meditato. Il padre aspetta trepidante sempre il figlio. Ma quando lo intravede, lui stesso corre incontro, non può aspettare, è mosso da compassione, cioè da quel sentimento di tenerezza viscerale che una madre sola può esperimentare, e compie sul figlio gesti di tenerezza e di amore. Non ci sono parole, ma solo gesti, e gesti di amore e accoglienza profonda. Al figlio non è lasciato nemmeno il tempo di esprimere la formula di pentimento. Al Padre non interessa,ciò che gli sta a cuore è che il figlio è vivo, è con lui e gli ridona non solo la dignità, ma la regalità perduta.
Il figlio maggiore è in un altro senso perduto, pur essendo sempre a casa del Padre. Il fatto che lui lavora e che rimprova il padre per l’ingiusto trattamento (Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici) dimostra che non ha capito nulla del Padre, ma ha avuto con lui un rapporto come con un datore di lavoro. L’indignazione del figlio e il non chiamare suo fratello minore fratello (ma : questo tuo figlio), dimostra pure che ha perso l’immagine del Padre,concentrandosi sul suo lavoro, su stesso, sulle cose da fare.
Per entrambi il Padre ricostituisce la possibilità di fare festa, di essere con lui. E il Padre ricostituisce pure la fraternità, perchè “bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Anche il fratello maggior è invitato a fare festa: la porta è aperta, ma non sappiamo se alla fine il fratello maggiore ha accolto l’invito. La finale rimane appositamente aperta per il lettore di ogni tempo, perché anche a lui è data la possibilità di scegliere se entrare e riconoscere in quel padre la misericordia e in quel fratello il suo fratello.
La parabola si presta a molte applicazioni e domande: quale volto ho di Dio? Come affronto i conflitti familiari? Che faccio per costruire la fraternità? chi sono io: il fratello minore, quello maggiore, il padre?
E poi una domanda riguarda tutti noi come chiesa e cristiani: da che parte stiamo? Che volto di Dio presentiamo?