Perduto e ritrovato4 domenica di Quaresima C
Commento a Luca 15,1-32
La parabola evangelica del Padre misericordioso o del figlio perduto e ritrovato è una delle perle più preziose del Nuovo Testamento poiché ci svelano il cuore di Dio.
Essa è inserita nel capitolo 15 di Luca dove sono raccontate tre cose perdute e ritrovate, a cui si è affezionati: la pecora perduta, la moneta perduta e qui il figlio o i figli.
Il racconto inizia con la vicenda di un figlio che per ragioni sconosciute chiede paradossalmente l’eredità al padre ancora in vita e poi se ne va via. La sua vicenda esistenziale scende sempre più verso il basso, perdendo ogni dignità, nutrendosi come i porci – animali impuri -. Un proverbio ebraico antico dice che se gli israelita mangiano carrube, allora si convertono. Il bisogno – non il pentimento di quanto ha fatto – convince il giovane figlio a ritornare a casa: “Mi alzerò, andrò da mio Padre”
Una seconda scena è l’atteggiamento indignato del figlio maggiore. Si è sempre comportato correttamente, ha lavorato duro, ha servito e rimprovera duramente il padre, che non chiama mai padre, come non chiama mai fratello il suo fratello: “Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando…ma ora che è tornato questo tuo figlio, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
Ed ora l’atteggiamento del padre. Partiamo dalla risposta al figlio maggiore: “Figlio mio, tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava fare festa perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Il padre lo tratta da figlio (Figlio mio) condividendo tutto. Ma rimanda il figlio alla fraternità: questo tuo fratello. Insomma siamo figli e siamo chiamati a riconoscere nell’altro/a il mio fratello, la mia sorella.
Un passo indietro ancora rispetto al figlio minore: Il padre lo vede e ne ha compassione, corre incontro, abbraccia e lo bacia (v. 20b). Solo tre volte Luca menziona la parola compassione: qui, quando Gesù vede il figlio di una madre vedova, nella parabola del buon samaritano. È un sentimento viscerale che viene dallo stomaco, è un sentimento materno. Il figlio non fa in tempo a dire tutto quello che ha fatto e preparato – al padre non interessa – e inizia solo festa, gioia e banchetto.
Questa domenica è chiamata la domenica “leatare”, della gioia.
Dio gioisce per ogni figlio e figlia su questa terra, per ognuno di noi: ci viene incontro, siamo consapevoli? Che immagine e percezione di Dio abbiamo?
Questa parabola è per me: chi sono io in questo momento della mia vita, e dove mi trovo? Sono come il figlio minore, lontano da casa che seguo me stesso senza pensare al Padre? Sono il figlio maggiore che faccio tutto bene ma Dio in realtà non è un padre e l’altro non è realmente mio fratello? Cerco di essere come il Padre misericordioso?
Il Padre invita alla festa. Non sappiamo se il fratello maggiore è entrato a festeggiare: è una provocazione per noi che ascoltiamo. Qual è la mia risposta e il mio atteggiamento?