Strade verso NataleIl Natale di Sartre

Tre strade per prepararsi al Natale, rileggendo un opera teatrale dal filosofo Sartre


AUGUSTO FUMAGALLI

Bariona: Ah! La buona volontà! La buona volontà del povero che muore di fame senza lagnarsi sotto la scala del ricco! La buona volontà dello schiavo che si flagella e dice: Grazie! La buona volontà dei soldati che si spingono al massacro e che si battono senza sapere perché! […] Gli risponderei: non c’è pace per me sulla terra; e io voglio essere un uomo di cattiva volontà! La cattiva volontà! Contro gli dei, contro gli uomini, contro il mondo, ho corazzato il mio cuore di una triplice corazza. Non chiederò grazia e non dirò grazie. Non piegherò il ginocchio davanti a nessuno, metterò la mia dignità nel mio odio, terrò un conto esatto di tutte le mie sofferenze e di quelle degli altri uomini. […] Morirò solo e irreconciliato e voglio che la mia anima salga verso le stelle come un clamore di rane, un clamore irritato.[1]

Béthaur, anno del censimento. Lelio, sovrintendente romano, ha appena comunicato a Bariona, capo del villaggio, l’aumento delle tasse, da 10 a 16 dracme (una chiaramente sarà per l’interesse privato del pubblicano). Il protagonista, cui da poco è stato ucciso ingiustamente il genero, avendo tentato invano di mostrare le condizioni pietose in cui verte il villaggio, opta per la decisione più dura: nessuno metterà più al mondo figli, nemmeno sua moglie, lasciando morire il villaggio ormai da tempo in agonia.

Il Natale ateo di Sartre

Stalag XII D, 1940. Sartre, filosofo esistenzialista e ateo, si trova rinchiuso in questo campo tedesco, dopo aver visto la propria terra, la bella Francia, venir devastata dai nazisti. Per Natale i preti presenti nel campo di prigionia chiedono al filosofo e scrittore di comporre un’opera che potessero mettere in scena i suoi compagni: ne nasce questo breve racconto di Natale, col quale Sartre vuole creare aggregazione e solidarietà tra i detenuti, siano essi credenti o no.

2018. Le tragedie che hanno scosso anche quest’anno il nostro pianeta sono di un numero assai elevato. Pensiamo anche solo a quei gravi fatti che hanno coinvolto la comunità civile e internazionale: le disgrazie nate da cause naturali, come i terremoti di questa estate in Giappone e Indonesia, i roghi in California, l’alluvione in Sicilia; vi sono poi i drammi causati dall’uomo stesso come il crollo del Ponte Morandi a Genova, la drammatica vicenda della discoteca “Lanterna Azzurra” ad Ancona e da ultimo l’attentato terroristico di Strasburgo.

Le tre strade verso il Natale

Oggi come allora la società non è migliorata di molto, le sofferenze non sono minori e i drammi che sconvolgono la vita dei singoli e della società sono bel lontani dall’esser debellati. Tuttavia giunge impellente anche a noi il gioioso annuncio del Natale del Signore: come reagiamo nel nostro cuore? Le strade possono essere tre.

Un insano menefreghismo: tipico di chi celebra in maniera assente questa festa, si presta senza troppo interesse ai vari tradizionali riti di luminarie, regali e grandi abbuffate; il modo assente e distaccato con cui vive il Natale, lungi dall’essere proprio solo del 25 dicembre, lo caratterizza in tutta la sua esistenza, per cui da ciò che non lo riguarda direttamente, fossero anche gioie o disgrazie altrui, si lascia interpellare fino ad un certo punto.

La reazione di Bariona: “Quale speranza? Per noi non c’è speranza. Egli è un uomo distrutto, non può più accogliere alcuna speranza nel proprio cuore, perché la vita si è mostrata a lui in tutta la sua crudeltà e terrificante spietatezza, basti pensare che non vedrà neppure nascere il suo unico figlio a causa dell’irrevocabile giuramento fatto a nome di tutto il villaggio. Arroccato su se stesso, come una città che preferisce implodere piuttosto che negoziare con il nemico, finisce con l’essere prigioniero della sua paura e del suo risentimento nei confronti di Dio, degli altri e di se stesso. Con queste parole, il re magio Baldassare tenta di aprire una breccia nella disperazione che, a detta di Bariona, è l’unica dignità dell’uomo: “Non sarai più uomo, Bariona, non sarai che pietra dura e nera sulla strada. Sulla strada passano delle carovane, ma la pietra resta sola e irrigidita come un limite nel suo risentimento. Bariona, è vero che siamo molto vecchi e molto sapienti e conosciamo tutto il male della terra. Pertanto quando abbiamo visto questa stella del cielo, i nostri cuori hanno gioito come quelli dei bambini e siamo diventati bambini e ci siamo messi in cammino, poiché volevamo compiere il nostro dovere di uomini che sperano”.

I magi non sono degli illusi, non hanno chiuso gli occhi di fronte alla sofferenza del mondo, non se ne sono stati indifferenti nei loro palazzi entro i quali non poteva giungere alcuna notizia delle tragedie che scuotono da sempre l’uomo. Al contrario essi, per la loro veneranda età e per la saggezza che li contraddistingue, hanno osservato il male che attacca e lede la vita e la dignità dell’umanità, lo han visto da vicino, magari lo hanno pure assaggiato in prima persona; esso però non può esser sconfitto dal cuore indurito che si trincera nelle proprie paure, dalle quali vuole al contempo fuggire: il male viene sconfitto da chi ha occhi e cuore capaci di speranza. La speranza dei magi è evocata dal loro sguardo rivolto al cielo e solo chi, pur avendo assaggiato l’amarezza della vita, sa di nuovo rialzare la testa e guardare verso il cielo, solo costui è capace di meraviglia. È questa la terza via, la via di chi non si lascia abbattere dalla durezza della vita, ma tiene viva la fiaccola della speranza, alimentata dalla gioia per un Dio che ha deciso di venire nel mondo, abbracciare la nostra umanità e far storia con ciascuno di noi. Scriviamo noi il finale del romanzo, sentiamoci come Bariona al bivio tra se stesso e Betlemme, e facciamo la nostra scelta per questo Natale.

Come augurio, la conclusione del dramma teatrale:

Bariona (ai prigionieri): E voi, prigionieri, ecco terminato questo trastullo di Natale che fu scritto per voi. Non siete felici e forse c’è più di uno che ha sentito nella bocca quel gusto di fiele, quel gusto acre e salato di cui parlo. Ma credo che anche per voi, in questo giorno di Natale, e in tutti gli altri giorni ci sarà ancora gioia!

[1] J. P. Sartre, Bariona o il figlio del tuono, Milano, Christian Marinotti, 2003. Tutte le citazioni presenti nel testo si riferiscono a quest’opera e a questa edizione.