Per una fede autenticaXXVII domenica Tempo Ordinario C

Commento al Vangelo di Lc 17, 1-10


SERGIO ROTASPERTI

“Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” (Ab 1,2-3)

La prima lettura si apre con un grido di lamentazione e preghiera del profeta Abacuc, il quale si rivolge a Dio, davanti alla violenza e all’oppressione che vede attorno a sé. Questo grido si rivolge a un Dio che è silenzioso e muto, spettatore e incapace di essere vicino a coloro che soffrono e che implorano aiuto.

Questo grido è legittimo è interpella la fede del credente di ogni tempo. A volte, ne sono convinto, anche noi ci siamo trovati a interpellare Dio a motivo del suo silenzio, della sua lontananza, del la sua incapacità di starci vicino e di assecondare le nostre legittime richieste.

Il silenzio di Dio, la fede e la nostra risposta sono pure il tema del vangelo che abbiamo ascoltato. Esso è suddiviso in due parti: la richiesta degli apostoli sulla fede e la piccola parabola dei servi inutili o meglio tradurre dei servi che non si aspettano nulla, che non avanzano pretese.

Gli apostoli davanti alla loro incapacità di perdonare, agli scandali si rivolgono a Gesù per una comprensibile richiesta: «Accresci in noi la fede!». Essi avvertono il bisogno di ricevere quantità maggiore di fede, per sopportare ciò che non si riesce a sopportare, per dare una risposta a ciò che non capiscono di sé stessi, degli altri, di Dio.

La risposta di Gesù mette in discussione questo modo di pensare. La fede non è questione di quantità. Non vi sono persone che hanno più fede o meno fede di altre. È questione di autenticità e di qualità. Nella metafora del granello di senape e del gelso notiamo una sproporzione enorme: il granello di senape è molto piccolo e un gelso è molto forte e ha radici profonde, per mezzo delle quali è quasi impossibile da sradicare. Eppure il granello di senape pur piccolo contiene vita e fecondità e questa forza interiore lo farà rendere un albero altrettanto forte. Il problema è che i discepoli non credono realmente a questa forza interiore, alla fede dinamica che abita in loro, capace di sradicare e far crescere. Quel “se” di Gesù è una amara constatazione del Maestro sulla fragilità e pochissima fiducia dei suoi apostoli in lui e nella forza e presenza di Dio in ogni momento, anche nei più oscuri.

Ti chiediamo Signore non di aumentare la nostra fede
ma di renderla autentica.
Noi troveremo la tua presenza silenziosa e nascosta
in noi stessi
a colloquio con la nostra anima e coscienza.
Non pretendiamo nulla
ma facci crescere accompagnati dal tuo amore
per divenire alberi forti e che danno frutto a suo tempo.
Amen