Riconoscere GesùIII domenica di Paqua- A
Omelia sui discepoli di Emmaus (Lc 24)
La scorsa domenica abbiamo evidenziato come il compito di Gesù Risorto sia stato quello di riunire la comunità dei discepoli dispersa s traumatizzata, ridonandole fiducia e nuova linfa. L’apparizione di Gesù a Tommaso ha inteso mostrare che la fede non deve appoggiarsi su visioni o esperienze tangibili, ma sulla parola credibile dei primi testimoni oculari.
Il celebre brano dei discepoli di Emmaus che abbiamo ascoltato non è un racconto di apparizione. L’evangelista Luca non menziona mai questa parola nel testo, se non riferendosi a Simon Pietro (34). Alla fine del racconto leggiamo invece cosi: “I due discepoli narravano come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane”. È quindi un testo di “riconoscimento”: Luca vuole raccontare e spiegare al lettore come riconoscere Gesù Risorto.
Tutto parte da Gerusalemme per poi, alla fine, ritornare a Gerusalemme. Due discepoli si allontanano tristi e delusi dalla città santa per ritornarvi senza indugio per raccontare l’incontro con il Risorto. Ciò non è un caso.
Due sono i discepoli, ma riceviamo informazione solo su uno di essi: Cleopa. Secondo alcuni studiosi, Cleopa può essere un nome femminile e quindi anche qui è una discepola, una donna, rompendo cosi le categorie culturali e religiose. L’altro senza nome può essere il discepolo di ogni tempo, il lettore stesso: Io o tu che ascolti.
I due discepoli si allontanano da Gerusalemme e questo allontanarsi ha il sapore della delusione, del trauma non superato; essi parlano tra di loro cercando di capire, trovare un senso a quello che è successo a Gesù. Nella comunicazione reciproca e poi con Gesù emergono due dimensioni: la delusione e il sogno di una libertà infranta. Si allontano probabilmente per dimenticare e per ricominciare la vita di sempre, per superare la sofferenza e il trauma, per cambiare vita, sapendo questa vita porterà la ferita di un progetto fallito e della rassegnazione. Hanno pure sentito che Gesù è vivo, ma questo annuncio seppure li ha sconvolti, non ha scalfito la loro amarezza e delusione. Perché? Al lettore, a voi approfondire ulteriormente questo aspetto.
Gesù si mette accanto a loro, cammina con loro. Ascolta. Un ascolto che cerca di comprendere il vissuto di entrambi, che non ha paura di mettere in evidenza le contraddizione (Stolti e lenti di cuore), di mettere per così dire il “dito nella piaga”. Un ascolto che, soprattutto, scalda (Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, mentre ci spiegava le scritture?). Attraverso lo Scritture, questo sconosciuto interpreta la loro situazione, scaldando il loro cuore con parole di speranza, amore, fiducia, di apertura mentale. È la forza dirompente della Parola di Dio che ascoltiamo anche noi oggi, ogni domenica, ogni volta che apriamo le Scritture.
Al v. 28 Gesù sembra aver finito il suo compito e cerca di andare oltre, più lontano: “Quando furono vicini al villaggio, egli fece come se dovesse andare più lontano”. Questo è un particolare importante: qui i discepoli non hanno riconosciuto Gesù. Egli ha “solo” scaldato il loro cuore, camminando accanto e con loro. Gesù non ha messo il copyright sulle sue azioni e parole. Ogni volta che oggi qualcuno scalda il nostro cuore e ogni qualvolta noi con le nostre azioni e gesti scaldiamo il cuore degli altri, questa pagina di vangelo si attualizza e si rende presente la forza della Pasqua.
Ma il brano va ancora oltre. Ora sono i due discepoli che insistono perché quella persona conosciuta per caso lunga la via, entri addirittura a casa loro, a tavola con loro, cioè sia parte della loro quotidianità e famiglia. Notate: solo perché i due discepoli si sono sentiti accolti, ascoltati, capiti e incoraggiati si è generata in loro l’insistenza nel desiderare che quella persona finora estranea, diventi una compagnia più stabile: “Resta con noi”. L’espressione è un appello e al contempo una preghiera ad affrontare e vincere la notte che scende nella nostra vita.
Ed ecco l’ultimo passo: è nella quotidianità dei gesti – quel modo di spezzare il pane – che riconoscono Gesù il vivente. In quel momento, il presente si fa assente: “Ma egli sparì dalla loro vista”. Anche qui: noi non lo vediamo, Gesù è assente, ma è presente in modo diverso dall’esperienza tangibile che Tommaso aveva invocato.
Penso sia facile per voi, riconoscere in questo brano la struttura della messa: ascolto della parola e eucaristia. Ogni domenica si ripete per noi la grande gioia di avere Gesù che cammina con noi.
Egli cammina con te, nella tua casa, nella tua vita che a volte vede calare la sera e a volte non sperimenta quel calore di un cuore scaldato da parole e gesti di fiducia, comprensione, attenzione, amore, di cui tutti abbiamo bisogno.
Egli è ora nella tua casa, vicino a te alla tua tavola e spezza il pane del sua presenza e amore con te e per te.
Questa messa che ora celebriamo come rito, si trasforma ora nella tua casa, presso di te in realtà. Gesù è tuo compagno di vita e rimane sempre con te.