Conseguenze enormi dallo scandalo degli abusi sessuali per il ruolo e la vita della ChiesaAbusi sessuali

Incontro in Vaticano sul tema degli abusi sessuali nella Chiesa


MASSIMO FAGGIOLI

A conclusione dell’importante e discusso incontro di Papa Francesco con i vescovi provenienti da tutto il mondo sulla questione degli abusi sessuali nella Chiesa, riportiamo un interessante articolo apparso su Huffingtonpost online, scritto da Massimo Faggioli Professore di Storia del Cristianesimo presso Villanova University.

Lo scandalo degli abusi sessuali nella chiesa cattolica rappresenta un capitolo nella storia delle sfide portate dalla modernità al fenomeno religioso istituzionalmente organizzato. Sull’orizzonte della crisi degli abusi sessuali si possono intuire infatti enormi conseguenze a lungo termine per il ruolo e la vita della chiesa: l’effetto della cultura della trasparenza e della responsabilità sulla religione organizzata; la capacità della chiesa di gestire la psicologia dell’indignazione sfogata sui social media; una epocale rinegoziazione delle relazioni tra chiesa e stato.

Nella storia degli abusi sessuali nella chiesa cattolica, il vertice in Vaticano del febbraio 2019 rappresenta un momento importante. Se la storia del sex abuse crisis nella chiesa cattolica come crisi globale deve ancora essere scritta, papa Francesco ha inaugurato una nuova fase, aperta non solo a causa dei nuovi sviluppi della crisi globale tra il 2017 e il 2018 (in particolare in Australia, Cile e Stati Uniti), ma anche per un diverso approccio alla questione del governo della chiesa da parte del gesuita Bergoglio.

Innanzitutto, il pontificato di Francesco coincide con l’esplosione della crisi al centro del governo della chiesa con la vicenda dell’ex cardinale McCarrick e il tentativo di golpe Viganò. Francesco ha reagito portando la crisi in Vaticano, che ha deciso un vertice senza precedenti.

Questo ha significato un mutamento di significato: Roma non è più il centro di comunicazione alle periferie di decisioni prese dall’alto o la sede per incontri bilaterali (come Giovanni Paolo II coi cardinali degli USA nel 2002), ma è uno dei luoghi per la maturazione di decisioni importanti per la vita della chiesa. C’è qui la convergenza tra la percezione di Francesco del cattolicesimo come comunione pienamente globale e l’ecclesiologia della sinodalità post-Vaticano II: tutti i paesi del mondo erano rappresentati all’incontro del 21-24 febbraio; tutte le aree del mondo erano rappresentate dagli oratori invitati a parlare; un contributo essenziale alla conferenza è venuto dalle donne invitate a parlare a fianco e allo stesso titolo dei cardinali.

Secondo: l’ecclesiologia della sinodalità è rilevante per comprendere il modo in cui Francesco intende gestire la crisi degli abusi come crisi globale. La crisi ha rivelato l’insostenibilità di un modello ecclesiologico che nel secondo periodo post-Vaticano II (tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) aveva frustrato il ruolo teologico delle chiese locali e nazionali. In questo senso, l’azione di Francesco unisce a necessari impulsi del centro (dalla creazione della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori nel 2014 al vertice del febbraio 2019) anche una nuova apertura di spazi per la collegialità e sinodalità delle chiese locali.

Questo è un approccio che riflette la necessità di creare relazioni di tipo nuovo tra il livello centrale-universale e il livello locale nel cattolicesimo romano. Vale la pena ricordare che prima dell’elezione di papa Francesco, in Vaticano e negli alti livelli della gerarchia cattolica mondiale quasi nessuno parlava della collegialità e della sinodalità della chiesa come dimensioni necessarie per combattere il clericalismo, causa principale dello scandalo.

Terzo: una chiesa cattolica sinodale ha bisogno di discernimento, e quindi necessita anche spazi e tempi per una conversazione ecclesiale che deve precedere qualsiasi decisione. Questo evento in Vaticano ha cercato di trovare un equilibrio tra trasparenza e accessibilità attraverso i media da un lato e, dall’altra parte, l’esigenza di creare un clima di discernimento riservato ai partecipanti.

La scelta di “proteggere” l’evento dall’esterno era motivato anche da ragioni di sicurezza, in un incontro tenutosi simbolicamente e materialmente in un clima di assedio da parte delle organizzazioni di vittime e sopravvissuti agli abusi sessuali. Ma è anche dovuto alla scelta di fare del summit un evento spirituale, e non solo un evento mediatico. Le liturgie del sabato e della domenica sono state preparate in modo diverso da altri modelli, e in particolare da quelli di Giovanni Paolo II – per esempio la solenne e pubblica liturgia del 12 marzo 2000 nella Basilica di San Pietro, durante il Grande Giubileo.

Quarto: una chiesa sinodale è aperta a diversi tipi di contributi provenienti dal mondo esterno. Questo era molto visibile nelle fonti e organizzazioni citate da papa Francesco nel suo discorso finale: Organizzazione mondiale della sanità, Unicef, Interpol, Europol, etc. Un ruolo speciale durante il summit è stato dato ai media e ai giornalisti, attori chiave nella storia della crisi degli abusi sessuali nella chiesa. Si è trattato da parte della strategia vaticana di una captatio benevolentiae e anche della riparazione di una storia – erano gli anni di Giovanni Paolo II – di giornalisti insultati e diffamati per aver indagato sui preti pedofili.

D’altro canto, il vertice ha messo in scena la versione semplificata (le gerarchie ecclesiastiche, le vittime e i media) di una situazione molto più complessa. Il vertice vaticano non includeva altri attori chiave per comprendere la complessità della crisi degli abusi: rappresentanti della polizia, avvocati, assicuratori e, soprattutto, procuratori generali e pubblici ministeri che lavorano per la giustizia secolare – per tacer dell’impatto dei social media.

Quinto: chiesa sinodale significa chiesa aperta al cambiamento che non è solo strutturale ma anche teologico. Il vertice in Vaticano ha chiarito quanto la chiesa abbia bisogno di donne che siano voci presenti e attive negli organi di governo della chiesa. Papa Francesco usa un linguaggio tipico della sua generazione per rivolgersi alle donne, che suona inadeguato alle orecchie di molti. Ma è innegabile che durante questo pontificato si siano fatti passi avanti su questo.

Tuttavia, lo spettro delle questioni a lungo termine è molto più ampio. Gli abusi sessuali sono un problema non solo delle chiese occidentali alle prese con una crisi di civiltà che ha al centro la questione sessuale e biopolitica. È un problema globale e oggi più grave in quei paesi in cui è stato finora sottovalutato (tra cui l’Italia).

Si tratta non solo di reprimere un fenomeno criminale, ma anche di una questione teologica: dalla teologia dei sacramenti (specialmente l’ordinazione al sacerdozio) ai modelli ecclesiologici; dal ruolo delle donne nella chiesa al magistero dell’ultimo secolo sulla moralità sessuale. La questione più complicata riguarda le riforme strutturali richieste da una cultura del sacerdozio e dell’episcopato che spesso significano onori ma senza le responsabilità che ne derivano.

Lo spettro delle questioni da affrontare è ampio: in questo senso la richiesta di “tolleranza zero” può diventare uno slogan che non aiuta a comprendere la vastità dei problemi. Per fare un paragone, il Concilio di Trento nel XVI secolo non rispose alla Riforma protestante soltanto con un programma anti-corruzione, ma anche con un ripensamento di alcune categorie teologiche.

Questo è un lavoro che per la chiesa è ancora agli inizi e non solo per colpa del Vaticano o delle gerarchie ecclesiastiche. Lo scandalo ha travolto chiese in paesi lontani da Roma: geograficamente e culturalmente lontani (specialmente l’Australia e gli Stati Uniti), dove la teologia è vitale ma negli ultimi decenni ha avuto scarso impatto sull’elaborazione delle politiche dottrinali e il magistero della chiesa.

Con Francesco, il papato ha fatto importanti passi avanti nella storia della lotta agli abusi sessuali contro i minori. Ma è una crisi che negli ultimi mesi si è allargata ad altri tipi di vittime (le suore, i seminaristi) e di colpevoli (vescovi e cardinali). Nella chiesa globale, in questa comunione globale fatta tutta di periferie, ci sono ancora molti angoli da svoltare.