Donna. Non sposa, madre sorella!Essere donna nella chiesa di oggi

Il cammino per riconoscere il vero essere femminile nella Chiesa è ancora molto lungo


MONICA CANTIANI
© Elisabetta Stringhi

Women, gate, Vigelandsparken, Oslo

Siamo nel 2019 e ancora ci sono le “questioni” sulle parti rese fragili e deboli nella nostra società: la questione femminile, dei giovani, la questione meridionale, i disabili, ecc.  Come se non ci fossero già state parole come ‘non ci sarà più né giudeo né gentile, né schiavo né libero, né … né’ o come se non ci fosse stato un uomo, pienamente uomo quindi abitato dal divino, che avesse già polverizzato differenze, disuguaglianze, scale di valori o di importanza, diversi diritti di parola o di pensiero.

Il soffio dello Spirito…disatteso

Eppure siamo ancora così. E diventa oggetto di grande meraviglia e speranza il fatto che nel documento finale del Sinodo per l’Amazzonia si spendano parole sul possibile riconoscimento del ruolo che la donna svolge (già svolge notare bene) all’interno e per quelle comunità tanto da riparlare del diaconato femminile e di eventuali ministeri creati ad hoc.

Tutto fa parte dello Spirito che soffia come vuole, per carità, tuttavia mi permetto di sottolineare che lo Spirito soffia sempre, il problema è quando e chi lo percepisce, lo ascolta, si fa sorprendere.

Noi lo stiamo ancora disattendendo.

Siamo stati creati uomini e donne. Per custodire insieme il creato, per realizzare insieme il Regno, per, insieme, essere felici. Gesù ci ha richiamati all’amore reciproco, alla parità nel dialogo e nel confronto (la samaritana) al lasciarsi sorprendere e convertire anche dai lontani (la cananea) all’annunciare la buona novella al mondo intero (Maria maddalena). Senza distinzione di genere, posizione sociale, etnia, cariche religiose.

Certo storicamente questo annuncio è stato proclamato in una cultura e in un momento in cui la cosiddetta parità non era prevista né promulgata. Tuttavia Gesù ne fa il fondamento della sua vita. E invece noi – che ci proclamiamo cristiani cioè seguaci di Cristo – abbiamo completamente raso al suolo quelle fondamenta reintroducendo livelli, gerarchie, disparità, chi può e chi no, chi sta fuori e chi sta dentro, chi può conoscere e chi no, chi può parlare e chi no, chi può agire e chi no.

A cominciare dal genere. Disconoscendo da subito perfino l’iniziale sogno creativo di Dio. Per cui “maschio e femmina li creò. E vide che era cosa buona e li benedisse”.

Il coraggio di cambiare prospettiva

E spendiamo parole, realizziamo studi socio – politico – religioso sul tentare di capire le crisi vocazionali, le mancate partecipazioni, i banchi vuoti. Ultimamente anche Enzo Bianchi (fondatore della comunità di Bose) ha scritto un articolo sulla costante sparizione delle vocazioni femminili segnalando come cause :

“Conosciamo anche le cause sociali di questa diminutio. Dagli anni ’60 del secolo scorso il nostro modo occidentale è vertiginosamente cambiato: la secolarizzazione ha tolto la centralità alla religione cattolica nella società; una profonda crisi della fede si è innestata in generazioni sempre più incapaci di garantire le condizioni per la trasmissione dell’eredità cristiana; l’affievolirsi dei legami familiari e la riduzione demografica delle nascite rende l’Italia la terra meno feconda in Europa; l’indifferenza verso le forme religiose impoverisce le comunità cristiane …”

La causa del problema interno alla Chiesa dov’è finita? O davvero crediamo che quel problema lì non ci sia o sia poco rilevante? E io non parlo affatto di riconoscimento o di potere sia chiaro. Io parlo di cambio di prospettiva, di ascolto profondo di quelle voci che possono davvero essere evangelicamente diverse, di parte – quella degli ultimi e degli “scarti” – .

Paolo Squizzato il giorno di Ognissanti diceva: “..Gesù vuole dirci qualcosa del cuore di Dio. O meglio rivelarci che se Dio fosse presente qui e ora verrebbe a cercare e recuperare, guarire e liberare, rialzare e mettere in moto la vita, far tornare a respirare, riaccendere una luce che rischiava di spegnersi.”

Il vero essere femminile

La vera portata del punto di vista femminile è proprio questa. Non dico che sia prerogativa esclusiva delle donne, me ne guardo bene, tuttavia il vero essere femminile, quando non cede al mondano idolo del potere e del successo e che per arrivarci assume più l’essere di Pietro che non di Maria Maddalena, quell’essere femminile è proprio plasmato su quei verbi e quelle azioni descritte da Squizzato.

Il nostro essere legate alla vita e al generarla ci lega indissolubilmente alla cura. Ma non quella a cui tutti ci vogliono relegare come sostitute di un sistema parentale, sociale, assistenziale che non funziona e che è assente. Parlo di quella desiderata da Francesco nella Laudato Si quando parla di “L’amore, pieno di  piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico. (..) L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo: insieme all’importanza dei piccoli gesti quotidiani, l’amore sociale ci spinge a pensare a grandi strategie che arrestino efficacemente il degrado ambientale e incoraggino una cultura della cura che impregni tutta la società.” (LS 231)

Noi donne potremmo essere l’avanguardia e il motore trainante di questa rivoluzione. Se solo ci fosse lo spazio e l’ascolto e se noi stesse ci credessimo fino in fondo. Siamo piene di fulgidi esempi in tal senso, è certo. Tuttavia se vogliamo fare un discorso in generale siamo ancora molto lontani.

Anche no!

Quindi ben vengano i passi avanti nella riflessione e nel riconoscimento. Che siano basati, però, sull’accoglienza della donna e del suo essere femminile così com’è e non sull’essere sposa, madre, sorella, … se vergine poi ancora meglio. Che si rifletta pure sul diaconato femminile a patto che non sia basato su una gentile concessione e che sia libero di portare istanze anche diverse e contrarie a quelle incardinate sul genere maschile – dove per maschile si intende mondano, di potere, di successo, ecc ..-. Che si creino pure ministeri ad hoc per le donne a patto che per essere riconosciuti e assegnati non si debba poi inseguire le stesse logiche di sempre, molto presenti anche nel mondo ecclesiastico dobbiamo ammettere, dell’essere della cerchia di.., di dire sempre si signore.., di seguire la dottrina e non l’amore …

E questo a beneficio di tutti non solo delle donne in quanto tali.

Altrimenti, come si dice ormai in gergo, anche no.