Tuffarsi nella vitaDi fronte a decisioni e scelte di vita

La vita impone scelte, ma spesso vince la paura e non si ha il coraggio di buttarsi


AUGUSTO FUMAGALLI

Quando Søren Kierkegaard si trova a dover indicare la categoria principale dell’essere dell’uomo, decide di individuarla nella possibilità: ciascuno è caratterizzato dalla propria libertà e per essa deve operare delle scelte. L’uomo è da lui definito come unico ed irripetibile, nessuno può sostituirsi all’altro: ogni singolo ha in mano la propria vita, la propria esistenza e deve decidere della propria libertà. Nel momento in cui ci si accorge di questo carico che si ha sulle spalle, spesso si inizia a sperimentare un senso di angoscia: essa non è la paura, perché non ha un oggetto preciso, ma resta un sentimento di qualcosa di non precisato, di oscuro, di non spiegabile.

La paura di buttarsi

Questa angoscia Kierkegaard la definisce come la “vertigine della libertà”: è come esser sul trampolino della piscina e prepararsi al tuffo prima di iniziare la vasca. Quando ci troviamo nel bel mezzo di una scelta, in particolare di una decisione che sappiamo essere particolarmente significativa per la nostra vita, il nostro cuore accelera il battito, ci manca il fiato, la gola si fa secca: ci sembra di non esser padroni di noi stessi e vorremmo scappare. La prima reazione istintuale all’angoscia della libertà è la fuga, che spesso si concretizza nel non-scegliere, nel lasciare che le cose restino come sono o che vadano da sé; ma questa obliterazione della scelta, è una scelta negativa: decido per il non… Allora è come trovarsi sul trampolino, pronti per saltare, ma tornare indietro all’ultimo secondo.

Lanciarsi dal trampolino significa abbandonare le sicurezze su cui poggiano i piedi, sentire il vuoto sotto di sé e non sapere bene dove si atterrerà, sperimentare quell’assenza di appoggio, di certezza, una sorta di confuso smarrimento. Ne vale davvero la pena? Davvero devo rinunciare a novantanove possibilità per sceglierne una? È così necessario che io scelga di tuffarmi verso un futuro che non so bene identificare, lasciando quegli ormeggi che mi tenevano saldo a riva?

Non puoi non scegliere

Kierkegaard, personificando la nostra coscienza, ci pone di fronte ad un bivio: Enten- Eller, come suona il titolo di una sua opera, aut-aut. Non puoi non scegliere, non puoi delegare ad altri, da questa angoscia non puoi realmente scappare: sei necessitato a fare il tuo passo, avanti o indietro, ma lo devi fare!

La scelta sarà dettata dall’ascolto, con il cuore e con la testa, di due differenti realtà: speranza o timore. Se scegli il timore ti tiri indietro, scegli la via più triste, quella oscura, perché la paura genera solo buio e tristezza; se scegli la speranza allora avanzi sul trampolino e fai il salto, scegli il coraggio. Etimologicamente “coraggio” significa prestare il cuore all’incerto, al pericolo, è la disposizione al sacrificio: solo se ci giochi il cuore, la partita ha senso.

Il futuro nelle tue mani

Se scegli la paura non ti tuffi, ma se la vinci, il tuffo lo fai; se ti tuffi inizi a nuotare e solo se nuoti vivi, perché se resti ormeggiato a riva, muori di inedia: duc in altum, prendi il largo! Il futuro è nelle mani di ognuno di noi e ciascuno ne è responsabile: la vita è per chi ha il coraggio di andare in mare e solo salpando scoprirà di non essere da solo in quel mare che può far paura. Ma il primo passo resta quello di vincere l’angoscia, affrontare la vertigine e scegliere la libertà: il passo decisivo resta il tuffo nella vita.